MUMBLE MUMBLE...
La maggioranza delle persone ha il cervello
che rumina come le mucche al pascolo in Sud Tirolo.
Quanta beatitudine dev’esserci nel non
preoccuparsi sempre per tutto, vero?
Che gioia, riuscire a prendere le cose per
come sono, o come appaiono, e nemmeno concepirne una possibile complicanza?
Scivolare leggeri sulle cose e lasciar
riposare le sinapsi cerebrali, dev’essere un lusso, un’utopica condizione
paradisiaca che neanche i saldi da Chanel.
La ruminazione mentale, ovvero pensare alla
rava e alla fava delle cose, porta quasi sempre infelicità, mal di stomaco e
spesso alienazione dal mondo reale perché ti dimentichi di sentire, percepire e
vivere, mentre sei tutto preso dal pensare, senza mai arrivare al punto,
esausto.
Cari miei ruminanti (posso chiamarvi così,
vero?), se fate parte della mandria di persone che si chiede spesso “e se…?” oppure impiega il tempo a ragionare
sulle cose, analizzarle e iper-scomporle in mille milioni di pezzettini per poi
ritrovarsi a capire che ha perso il coperchio della scatola con l’immagine del
puzzle… sto parlando proprio con voi.
C’è chi si fa continue domande, anticipandosi
scenari catastrofici futuri, ragionando su come comportarsi o reagire per
sentirsi pronto e preparato qualora dovessero verificarsi sul serio; chi si
sente sempre in colpa e responsabile di ogni condizione o situazione anche
assolutamente indipendente da lui; chi si affanna a cercare significati
reconditi e nascosti all’umana comprensione utilizzando le più raffinate
tecniche di pippe mentali triple carpiate.
E tutti, o quasi, quando gli si buttà lì il
detto “beata ignoranza” fanno due
occhioni languidi e acquosi come il famosissimo gatto con gli stivali in Shreck,
annuendo con le testoline, nostalgici.
Pensare meno fa bene a volte, perché
l’iper-ragionare è una perversione dell’intelligenza.
È come essere bellissimi e guardarsi
continuamente allo specchio, dà piacere, giusto? Farlo tutto il tempo però ci
rende narcisi, superficiali e anche un po’ patetici.
Quindi, usare gli emisferi che abbiamo sotto
la calotta cranica può dare una sorta di piacere (e qui invito i neofiti e gli
scettici a provare), altrimenti non si chiamerebbero “pippe” mentali (per loro
natura, piacevoli), ma quando diventano un’attività ossessiva, ripetitiva, rigida,
generalizzata e ansiogena, meglio darci un taglio (mi scuso con i maschietti
per la scelta terminologica e aver associato la parola “pippa” a “taglio”).
Il mio prof di Arezzo, ovvero l’immenso
Giorgio Nardone, diceva che non esistono risposte intelligenti a domande
stupide, il che, il più delle volte ci fermava dal porgli domande a lezione
perché ci sembravano tutte stupide, e quindi lui poteva togliersi dei
grattacapi (furbino il nostro buon vecchio prof!), ma più che altro ci faceva
capire che se non vi è una soluzione ultima, certa e definitiva ad una
questione, molto probabilmente la questione stessa era inutile come argomento
di discussione.
C’è una soluzione? Perché preoccuparsi, andrà
tutto bene.
Non c’è una soluzione? Che ti preoccupi a
fare allora, tanto non ci puoi fare nulla!
Se ti ritrovi a passare le ore a valutare la
cosa e alla fine sembri Gollum de Il Signore Degli Anelli che ha perso il
senno, forse meglio fare spallucce e giocare al fantacalcio o guardare
Masterchef.
La prossima volta che vi viene voglia di
farvi le pippe mentali immaginatevi una mucca aliena che mastica un cervello.
Eccovi, siete voi. Sorridete.
Commenti
Posta un commento
Che ne pensi?